Giorgio Zanotto politico e amministratore

Lunedì 24 ottobre presso l’Auditorium Bisoffi della Società Cattolica di Assicurazione, alla presenza del presidente della Società Cattolica, notaio Giuseppe Camadini, del presidente del Banco Popolare di Verona e Novara, avvocato Carlo Fratta Pasini, del presidente onorario della Fondazione Giorgio Zanotto, Signora Giovanna Zanotto Tanara, e di un pubblico numeroso e interessato, si è svolta la presentazione del volume L’eredità di Giorgio Zanotto politico e amministratore, edito dalla Fondazione Giorgio Zanotto. Sono intervenuti il curatore, Pierpaolo Brugnoli, e il prof. Gian Paolo Marchi, autore della prefazione.

 Con questo libro la Fondazione Giorgio Zanotto ha inteso approfondire un periodo storico ben preciso per Verona, gli anni che vanno dal dopoguerra alla metà degli anni Settanta: un periodo in cui politici e amministratori di grande esperienza e cultura, come Zanotto, Gozzi, Delaini, Uberti e altri, hanno saputo ricoprire posti di responsabilità ed esercitare il mandato pubblico ricevuto con scelte politiche tutte rivolte al bene comune dei cittadini e di Verona. L’intento è stato quindi, attraverso i contributi di vari studiosi e le testimonianze di quanti hanno condiviso con Zanotto la visione ‘alta’ dell’attività politico-amministrativa, di dare testimonianza di questa preziosa eredità lasciataci e renderla attuale e riproponibile come modo d’essere e di fare politica anche per l’oggi.
 Dalla lettura di questo libro – curato da Pierpaolo Brugnoli – ci si può rendere conto di quali e di quante energie siano state spese da Giorgio Zanotto in direzione del “bene comune”, a capo di due amministrazioni comunali e di una provinciale ma anche accompagnando il cammino di partiti politici cui aderiva con suggerimenti di indirizzo. Ci ha insegnato la coerenza con le convinzioni religiose e i principi etici che assumeva come “abito” quotidiano personale, testimoniando, al tempo stesso, un impegno senza risparmio nella vita politica e amministrativa a favore di quella realtà laica e civile che la teologia definisce come «la città terrena».

 Giorgio Zanotto, infatti, aveva ben appreso, come sottolinea Brugnoli, la lezione di tanti cattolici liberali (di Don Sturzo, di Alcide De Gasperi e dei padri della Costituzione) che «prima del cristiano viene l’uomo, ciascun uomo, credente e non credente, cristiano o di altra confessione religiosa: l’uomo con il suo carico di dignità e di libertà primigenie, al quale si deve comunque rispetto e con il quale è opportuno collaborare per la costruzione di una società migliore, più ordinata, più giusta». 
 Dalla semplicità arrivava all’originalità delle grandi sfide: essere ancorato alla città non è mai stato un limite, ma una risorsa, perché coniugava una fortissima competenza tecnica con la consapevolezza di dover prendere decisioni che erano politiche e che quindi richiedevano una concezione alta del governare. Aveva un’idea della politica come vertice dell’attività etica e come strumento insostituibile per l’elevazione sociale e lo sviluppo civile. Un grande pregio e una qualità distintiva di Giorgio Zanotto è di esser stato un uomo aperto, permeabile alle novità, capace di catalizzare il nuovo con una visione dinamica del futuro e, al tempo stesso, professare quotidianamente una assoluta e “amorosa” fedeltà alle sue radici e alla sua città.

 Come Sindaco lavorò insieme con tutte le altre istituzioni (la Provincia, la Camera di Commercio, gli enti territoriali e gli organismi rappresentativi del comprensorio veronese), dando alla città una spinta della quale ancora oggi si avvertono i segni e i benefici. Il Sindaco, diceva Zanotto, deve respirare con i suoi cittadini, e Zanotto era un uomo in grado di trovarsi in perfetta sintonia con i tempi e in felice comunione con i sogni della gente e i fermenti di una società in divenire.

 Questo modo di essere presupponeva la capacità di interpretare la politica in modo alto, quasi con una visione profetica sostenendo che «il politico deve trainare la società civile, non seguirla».

 Giorgio Zanotto ha avuto un altissimo senso della responsabilità e una assoluta coerenza al principio di dover essere al servizio della comunità, della res publica. Una vocazione per gli altri e per il bene comune che gli ha fatto scrivere: «la felicità non è nella potenza, né nella ricchezza, è nell’asciugare una lacrima senza nulla avere in cambio».