"Aldo Tavella" di Giuseppe Brugnoli

Il tempo è galantuomo, si usava ripetere una volta, e l'antica massima ogni tanto, anche se non sempre, si permette di dar ragione di se stessa. È il caso di Aldo Tavella, pittore veronese, che guardando indietro con serenità e pacatezza ai lunghi anni della sua milizia artistica, rivede le linee di un itinerario percorso con alacre impegno, con profonda convinzione nei propri mezzi espressivi, alieno dal seguire le mode e gli «ismi» del momento, che nel frattempo in gran parte si sono persi un po' per strada, o hanno finito di dire e anche di cercare, rifugiandosi nei vicoli ciechi e un po' malinconici dove l'unico valore rimasto a vecchi reperti è quello documentario, la testimonianza di un fervore creativo che per molti aspetti è rimasto fine a se stesso.

Appartato ma non solitario, Aldo Tavella ha perseguito per alcuni decenni un suo ideale artistico ma prima ancora culturale, curioso dei fermenti di un mondo iperattivo che brulicava intorno, ma anche attento a non lasciarsi coinvolgere e trascinare, a rispondere alle voci di dentro più che a farsi frastornare dalle vociferazioni di fuori, così che la sua pittura, che accoglie qualche sorvegliata sollecitazione e magari la soppesa e la giudica con un'appena sottaciuta ironia, ha questo di singolare: che procedendo per singoli e calibrati accostamenti, senza salti o squarci, rimane sempre fedele a se stessa, pur avanzando con l'alacre giovinezza che contraddistingue uno spirito libero e curioso, in un'opera di affinamento che talora confina con l'astrazione, ma che, non dimenticando mai la lezione del reale, aspira all'essenzialità.

Madame de Stäel, cogliendo l'irrealismo del pensiero astratto e del linguaggio esoterico del suo tempo, come annota Arnold Hauser, aveva espresso in un distico sintetico l'esaltato individualismo e la smania di originalità che costituivano i primi fermenti di un'indole asociale che doveva infine sfociare in quella che oggi si chiama incomunicabilità: «Trop d'idées neuves, pas assez d'idées commune». È una massima valida anche oggi, per tanta parte dell'arte contemporanea. Tavella è rimasto immune da questa tentazione che per molti versi è stata anche un'infezione, e pur vivendo intensamente la temperie culturale e artistica del suo tempo non ha rinnegato ma anzi ha fatto propria la lezione dei grandi anche recenti. Così che la sigla perenne della sua ampia produzione è un'estrema freschezza, una singolare attualità del suo discorso espressivo, che gli fa superare con un grande arco solido e aereo insieme la lunga stagione delle altrui incertezze. E il messaggio che ne esce è fatto di serenità, in una meditata consapevolezza dei propri mezzi: quasi una sorta di messaggio nella bottiglia, rimasta indenne nonostante la lunga e perigliosa traversata tra gli scogli e i marosi.

Giuseppe Brugnoli (2004)